Giusi Sapienza Jouven e I segreti di Giacinta

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Giusi Sapienza Jouven e I segreti di Giacinta

E’ stato pubblicato lo scorso marzo dalla casa editrice Akkuaria di Catania, il romanzo della scrittrice Giusi Sapienza Jouven; si intitola I segreti di Giacinta.
Il testo in sé consta di 166 pagine cui si aggiungono quelle para testuali: all’inizio la dedica “a Jacques”, alla fine le note biografiche dell’autrice e l’ indice. In copertina è riprodotta l’opera di Graziano Tessarolo “ La lettera” che evoca, con quel dettaglio di una missiva tra le mani di chi la sta leggendo, uno dei passaggi chiave della storia narrata.
Il titolo del libro cattura subito l’attenzione del lettore che, naturalmente incuriosito dal termine “i segreti”, si addentra – come in un giallo intrigante e ne saremo anche vicini – nella sua lettura lasciandosi piacevolmente coinvolgere dalla finzione fino alla conclusione. Non vi è una divisione in capitoli ma dei titoli iniziali
preannunciano il contenuto di quello che verrà narrato nelle pagine successive.
La narrazione è fatta in prima persona, con un tempo presente, il presente storico, che serve per raccontare una vicenda passata, descrivere e riassumere fatti già avvenuti o attuali, per osservare i numerosi personaggi, analizzarli nei rispettivi mondi: città e campagna dove, in particolari circostanze, come le nascite o le morti, padroni e contadini coralmente si incontrano in un solo universo fatto di
comprensione e rispetto.
Quest’“io” narrante che l’autrice mette in bocca a Chiara, capelli biondi, occhi azzurri, forse discendente dei normanni, nasconde svariate istanze, diventando anche “ portavoce” di coloro che vivono in città, e ci fa conoscere la storia di Giacinta una contadina che abita con i numerosi membri della sua famiglia alla “Zagara”, in località S. Maria del Pozzo, di proprietà dei nonni di Chiara.
Da qui mare e montagna, si tratta dell’Etna, regalano panorami spettacolari che spesso vengono evocati con grande emozione.
La narrazione si anima quando la scrittrice lasciando il registro della esposizione, passa a quello dialogato con mamma, papà, nonni, zii, cugini e amiche da un lato e dall’altro coi contadini della “Zagara” ai quali mette in bocca un dialetto siciliano misto ad un goffo italiano che conferisce colore locale a quanto narrato, una tecnica molto usata da George Sand coi contadini della sua amata regione di provenienza il Berry.
Ma è l’italiano molto curato della scrittrice che ci fa comprendere quanto meticoloso sia stato il suo lavoro di redazione cosi come l’idea di una scrittura che non può prescindere dalla serietà metodologica.
I due registri narrativi si alternano e si intrecciano continuamente senza soluzione di continuità ricordandoci che siamo in Sicilia, a Catania e nella sua vicina provincia. Molti sono i luoghi e i monumenti della città etnea del dopoguerra qui evocati: il Teatro Massimo, la statua di Garibaldi davanti al Giardino Bellini, Piazza Stesicoro, via Etnea.
Città e campagna cercano di lasciarsi alle spalle gli anni bellici con una voglia di cambiamento che prepara una nuova e più curiosa generazione, con una visione del mondo dai vasti confini oltre i quali poter spingere lo sguardo per viaggiare, sia fisicamente che immaginariamente e scoprire altre realtà. Lo fecero molti autorevoli
umanisti come Montaigne, Paracelso ed Erasmo tanto per citarne alcuni, e tutti con uno spirito di conoscenza di altro e dell’altro fondamentale per la formazione dell’individuo. Ma la generazione del dopoguerra in Italia eredita quella voglia di movimento e conoscenza negata e frustrata nei padri a causa del conflitto bellico, che la fine dello stesso e la pace tradurranno in spirito di curiosità e di cambiamento fino ad irrompere nella contestazione degli anni sessanta.
Le regolari vacanze estive e quelle natalizie, che Chiara trascorre nella proprietà dei nonni, fanno si che si affezioni a Giacinta, dieci anni più grande di lei, con la quale riuscirà a parlare molto, venendo a sapere anche molto della vita degli abitanti di questo “paradiso terrestre”, che Isabella, mamma di Chiara, alla fine del romanzo metterà in dubbio, e dove spesso colori, odori e sapori si fonderanno e si fisseranno nella memoria prima infantile, poi adolescenziale di Chiara, facendole
ritrovare il “tempo” e con esso l’universo individuale e collettivo di un mondo che non c’è più.
Un mondo che tende a trasformarsi velocemente; che vedrà la televisione prevalere sulla radio mentre i giovani useranno in modo sempre più diffuso i jeans oltre alle mitiche calze di nylon per le ragazze.
Chiara progredisce verso l’adolescenza e i soggiorni in campagna le servono come formazione; un cambiamento fisico e psichico allo stesso tempo che la porteranno ad affacciarsi sul mondo perché curiosa del mondo e quindi desiderosa di percorrerlo. Questa evoluzione si inserisce e progredisce parallelamente alla narrazione delle vicende di Giacinta e dei suoi segreti; quest’ultima infatti, non certo fortunata, dovrà superare prove difficili prima della decisione finale. La prima: quella della morte prematura del marito molto più grande di lei, poi la
perdita della madre, lutti che getteranno la protagonista in uno stato di
prostrazione fisica e psicologica aggravato da una improvvida promessa fatta al marito sul punto di morte: quella di non risposarsi più. Ciò preparerà il dramma finale che esplode con l’arrivo di un nuovo fattore, Antonio Bonfiglio, nipote di Nunzia, la governante della “Zagara”, subentrato al suo predecessore, morto improvvisamente di infarto. Questi si innamora subito della giovane vedova Giacinta e lei di lui, ma la “promessa” fatta al defunto marito le impedisce, di ricambiarne la passione.
La storia si complica quando Angelo, un antico spasimante di Giacinta, anche lui contadino, cresciuto assieme a lei alla Zagara, e mai contraccambiato, verrà a conoscenza dell’amore che i due si sono dichiarati dopo avere superato l’ostacolo della promessa e grazie ai saggi consigli di Isabella.
Deluso e disperato, il povero Angelo partirà per la Francia e finirà con l’arruolarsi nella Legione straniera. Il dramma sarà reso ancor più complicato dal ferimento di Antonio e dai sospetti sull’attentatore che convergeranno su Angelo. Ma dopo le indagini della polizia e gli interrogatori degli abitanti della “Zagara” – Chiara compresa – che li faranno riflettere, l’equilibrio della comunità che per un attimo
s’era spezzato, tornerà a ricomporsi quando saranno chiarite e risolte alcune vicende dei principali attori.
Chiara, dal canto suo, con la sua perspicacia e intuizione, darà un contributo importante nella possibile individuazione dell’attentatore e contribuirà ad aiutare Giacinta a decidere della sua vita. A questo punto le vicende di tutti si avvieranno verso un epilogo umano ed equilibrato.
Le ingiustizie e sofferenze di questo piccolo universo rurale sono spesso trattate nelle parentesi riflessive di Chiara, che accompagnano la formazione della stessa e ne chiariscono la personalità e le decisioni.
D’altra parte il suo vivere in città le fornisce gli elementi per rilevare le differenze tra due mondi che inesorabilmente stanno cambiando dopo il secondo conflitto mondiale. Contadini che vanno al nord in cerca di una vita meno dura, cittadini che guardano al nuovo e alle comodità lasciandosi alle spalle gli usi e i costumi dei padri.
Su tutto questo hanno una grande importanza gli altri personaggi. Da un lato i componenti della famiglia di Chiara, in particolare la madre Isabella che col suo amore, dolcezza e comprensione, guida i passi dubbiosi della figlia nella vita. E quando quest’ultima le chiederà aiuto per l’amica Giacinta, Isabella con i suoi ponderati consigli appoggerà la giovane vedova a prendere la decisione di seguire il suo amore Antonio a Roma per vivere libera e lontana da quel mondo che l’aveva vista nascere e crescere ma che l’aveva anche fatto soffrire.
Questi elementi inseriti nell’universo contadino dell’epoca ci aiutano a capire il dramma lacerante di Giacinta e la partecipazione sofferta di Chiara che si riflettono in modo costante sul comportamento, a suo giudizio ingiusto ed incoerente, degli adulti.
I personaggi più importanti Stefano, Isabella e Chiara: padre, madre, e figlia vengono presentati davanti al monumento, forse, più emblematico della città natale di Vincenzo Bellini, il teatro Massimo. La narrazione viene senza indugi situata nello spazio che è chiaramente quello etneo, dove di volta in volta scorgeremo il vulcano Etna, la statua di Garibaldi e il giardino Bellini, Il teatro Massimo di Catania ed è
anche accompagnata dal suo inserimento nel tempo: il giorno di Pasqua del 1959.
Lo spazio ed il tempo determineranno il quadro dentro il quale leggeremo le vicende dei protagonisti. E se lo spazio continuerà ad essere prevalentemente quello di Catania e dintorni, che va trasformandosi con nuove e più moderne costruzioni, il tempo si allungherà agli anni successivi accompagnando la crescita e l’evoluzione della giovane Chiara che viaggerà in modo immaginario, prima ancora di farlo
concretamente, verso mete come Milano, Roma, l’Estero.
Il romanzo, per i tanti dettagli che colpiscono il lettore, si rivela uno spaccato della società post bellica e degli importantissimi cambiamenti sociali che hanno accompagnato la giovane generazione degli anni cinquanta verso i cambiamenti culturali e di costume degli anni sessanta e settanta; si intravvedono anche i benefici della ricostruzione e della ripresa economica della società italiana.
In particolare per quanto riguarda la società siciliana – qui è messa in evidenza la triste realtà della immigrazione verso il nord o verso i paesi d’oltralpe che cambia per sempre l’assetto ancestrale dei rapporti umani. Questi grazie alla scrittura e allo stile della scrittrice emergono con consapevolezza nei dialoghi dei vari personaggi.
Capiamo cosi che tutto è cambiato, che anche Chiara, sottile osservatrice di due mondi che hanno vissuto vicini a S. Maria del Pozzo, va maturando tra mille dubbi e timori, ma anche tra tanto entusiasmo e voglia di vivere. Potrà farcela infine?
L’ottimismo delle ultime battute ce lo conferma.

Francesca Morale

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